ANNAMARIA DE PIETRO Il filo d’Arianna della Poesia

di Luigi Cannillo

“La poesia è agita come impegno etico autoriale: il patto, il legame tra identità e scrittura poetica, forma una unità inscindibile”.

Nella prefazione a Il nodo dell’inventario (1997),  la prima raccolta di Annamaria De Pietro,  Flavia Giuliani scrive: “Il carattere sognante ed evocativo della parola umana, dove niente vuole rimanere al suo posto ma tutto se ne va a zonzo tra il proliferare delle analogie in un sottobosco di simboli, ha il suo trionfo nel campo della poesia. Qui l’inventario si trasforma ad ogni passo in altro da sé, poiché la dialetticità e la metaforicità del linguaggio tramutano di continuo il mondo in una sua invenzione […]. Non resta allora al poeta che cercare di appropriarsi quanto percepisce del mondo, sia esso Cosmo o Caos, a partire dalla più originaria e demiurgica delle azioni: la nominazione.” La riflessione non riguarda solo quellaraccolta ma si può estendere alle successive. In quel primo volume le si affianca puntuale, simmetrica, una ampia nota finale della stessa De Pietro: “I temi e i significati, come le linee che li sottendono, vengono riconosciuti dal poeta a posteriori. La griglia che costui percorre è una griglia formale, di rapporti ritmici, sonori, geometrici, dunque è spazio, rispondenza fra luoghi mentali.” Le carte sono già tutte sul tavolo: nelle successive raccolte, frutto anche del lavoro di decenni precedenti, potranno cambiare i giochi, potrà variare la disposizione in singole partite o sessioni, ma i riferimenti di poetica vengono man mano ribaditi. E singole affermazioni dell’autrice a riguardo potranno essere ritrovate in poesie, note, chiose e dediche, in modo diretto o indiretto.

I luoghi mentali non sono un sostegno della realtà, ma nemmeno una sua semplice emanazione. Sono un centro autonomo nella percezione dei fenomeni e per la loro rappresentazione, un meccanismo in costante attività come nominazione, mappatura e raffigurazione estetico-artistica. La poesia è agita come impegno etico autoriale: il patto, il legame tra identità e scrittura poetica, forma per Annamaria De Pietro una unità inscindibile. Nelle poesie che ho scelto, una per ogni raccolta pubblicata, il processo tra pensiero, esperienza e creazione comprende ambienti domestici, animali, oggetti, figure mitologiche, l‘amato giardino, le stesse ragioni della poesia, non tralasciando l‘ambito della meccanica, del lavoro artigianale, dell’arte e della scienza, L’immagine ricorrente del ricamo, della ricerca, della costruzione, gli oggetti che evocano taglio o riduzione, ci dislocano all’interno di un’officina nella quale l’autrice opera osservando, ideando, assemblando, scartando. In Si vuo’ ‘o ciardino (2005) viene recuperata anche la lingua dell’infanzia, il napoletano, e le quartine dei tre volumi di Rettangoli in cerca di un pi greco (2014-2017-2020) sono accompagnate da glosse in prosa. Sarebbe riduttivo e improprio parlare di semplice neometricismo: lo slancio compositivo, si fonda non su un formalismo estetizzante, ma su una disincantata accanita fiducia dei rapporti strutturali, sonori, semantici, ritmici, retorici propri della poesia.

Annamaria ci ha lasciato lo scorso novembre a poche settimane di distanza dall’amato marito Marcello Montedoro. Restano vivi entrambi nella memoria di chi, come me, ha avuto il piacere di frequentarli. Restano le poesie. Autrice appartata, disinteressata all’autopromozione, De Pietro non è presente in rete con proprie pagine social, restia com’era nei confronti del digitale tranne che per l’uso sobrio di mail. Ma si possono ritrovare alcuni contributi significativi come il capitolo che le è stato dedicato da Sandro Montalto nel suo Compendio di eresia, Joker, 2004, e,in rete,l’intervista rilasciata a Ennio Abate per il sito Poliscritture 

http://www.poliscritture.it/2015/05/19/intervista-2-a-annamaria-de-pietro/ e il recente intervento di Adam Vaccaro sul sito di Milanocosa, Associazione Culturale nella quale Annamaria è stata attiva già tra i primi soci, http://www.milanocosa.it/saggi-poesia/lo-scrigno-e-il-labirinto-di-annamaria-de-pietro . Il labirinto come vertigine e complessità  è certamente una della immagini che possono caratterizzare il lavoro poetico di Annamaria: una spazialità segmentata, una rete che è architettura e giardino, pericolo e smarrimento. Il filo di Arianna nel mito si inserisce e sovrappone come una nuova rete a quella struttura, dà  lettura di un percorso e conduce verso l’esito. Il movimento sinuoso del serpente conferisce allo spazio, sia quello domestico che quello cosmico, permanenza e lingua. Pensiero, figura, forma; nel suo mutare pelle mantenendo la propria sostanza.

La cucina
 
 Quali saranno gli aromi armi del gusto
 che dovrai usare lo sai, non detto: è l’aria
 della cucina che li detta e mescola;
 e quali carni trite; fibre accolgono
 riporti laterali, umori sapidi
 e dense concrezioni, stretto intingolo
 del colore del rame; nel silenzio
 delle risposte a te goccia certezza
 lieve scorrendo il cavo del cucchiaio,
 e pesta in fretta il mortaio pettegolo
 sfibrando interi fragili all’essenza.
 Dunque lo sai per quante prese e quali
 i granulati, i polverosi occorrono,
 la proporzione aurea, il molto e il poco
 e la durata fatidica del fuoco.
 Cauti scatti risenti, una sequenza
 che non confortino trattazioni esperte,
 ma una cremosa ondata di pienezza,
 la campanella dell’effetto giusto
 
 10 giugno 1996
 da Il nodo dell’inventario, Dominioni, 1997
 

 Pensiero in figura di serpente
 
 Quale serpente allo schermo dell’erba
 alta non visto, non pensato avanza
 fra i millesimi spazi, e fa tempesta
 per brevi tratti di radiche e stecchi,
 e rivolge dei grani della terra
 i più volanti, a più lasca alleanza,
 e tronca e trancia e disconnette e spezza
 lontano da ogni sguardo, da ogni inchiesta
 perché è di lenta ruota la sua guerra,
 e sa il percorso della cerca acerba
 fino a morte sicura e ad amarezza 
 da naviganti vene a fiumi secchi
 - tale – da profondissima distanza
 un pensiero talvolta, una riserva
 pianissimo dai limiti si sferra
 e a passi confondibili, ad inceppi
 volge e travolge in ondosa carezza
 i fili della mente e in blanda oltranza
 e dove vuole e intende al fine resta.
 E delle sparse rovina conserva
 la mappa intera come il volto dei vecchi.
 
 31 dicembre 1997
 da La madrevite, Manni, 2000
 
 

 Il setaccio
 
                                                     a Marcello
 
 Un setaccio è sospeso contro il sole
 di diametro grande e fiori tanti,
 la massima estensione consentita
 che specchia l’ombra del curvo equatore.
 Di là non passa il lampo ed il fragore
 di fulmine nemico, né i crollanti
 carichi di pietrame che si trita
 quando piomba di un monte l’altra mole - 
 non passa acuto sguardo di signore,
 non comando sferrato da parole,
 non la tempesta subita e smarrita,
 non passa giacimento di diamanti.
 Passa il polline giallo delle viole,
 passa il tuo nome preso fra due dita
 

 da Dubbi a Flora, Contrada della Tortuca – Ed. La Copia, 2000
 


 Prosopopea di un centauro

 Giocosa equitazione io muovo intero
 né patisco la briglia.
 Non mano a me consiglia
 il passo ed il sentiero,
 non comando di voce, non pensiero.
 Io vado andando, io sono a me il mio andare
 come nube che vento non scompiglia,
 come ombra di veliero
 sul riposo del mare.
 

 Da Venti fusioni a cera persa, Manni, 2002
 

 
 ‘A sunagliera
 
Si vuo’ ‘o ciardino tècchet’ ‘o ciardino,
si nunn ‘o vuo’ i’nun tengo ati ccose
‘a quanno ll’aria d’ ‘e ssemente ‘e rosa
sbacantàje tutt’ ‘o cuoppo a vvolo chino.
 
Criscette senza legge e ssenza fine
pe ttutte parte aro’ ll’uocchio se posa
na villa, na furesta, na scugliosa
onna dìèvera ‘e mare a na marina.
 
E ppe ttutto stu vverde sta annascosa
na sunagliera ‘e rose e spine fine
ca strilla forte ‘o rrusso, e qquaccheccosa.
 
I’ mo’ nun saccio ‘mmiez’ê rrose e ê spine
truvà na via ca sbroglia sta ‘ntricosa
felicità. M’ ‘o ‘mpare tu o ciardino?
 

La sonagliera. Se vuoi il giardino eccoti il giardino,/ se non lo vuoi io non ho altro/ da quando l’aria delle sementi di rosa/ svuotò tutto il cartoccio a volo pieno.// Crebbe senza legge e senza fine/ da ogni parte ove l’occhio si posa/ un parco, una foresta, una scogliosa/ onda di alghe a una marina.// E per tutto quel verde sta nascosta/ una sonagliera di rose e spine fine/ che urla forte il rosso, e qualche cosa.// Io ora non so fra le rose e le spine/ trovare una via che sbrogli questa indiscreta/ felicità. Me lo insegni tu il giardino?
 
 Da Si vuo’ ‘o ciardino, Book Ed., 2005
 


 La zecca
 
                                                                         a Guido Oldani,
                                                                                che mi accreditò la neve
 

 
 Quando da stella fissa o da pianeta
 cade di notte sonando la neve
 e larga e lunga l’una e l’altra parte
 lega di nodi presto laschi e sciolti -
 se arresti con la mente i capi incolti
 di quella ondosa matassa e alle carte
 li intrecci in forma di ghirlanda o siepe
 da quei metalli tu batti moneta.
 
 Da Magdeburgo in Ratisbona, Milanocosa Ed., 2012
 

 

 Dubbi intorno a una porta
 
 Non so da quale parte della porta
 io stia, se quella fuori o quella dentro.
 Fra le maniglie la distanza è corta
 e, quando l’attraverso, esco? - entro?
 

 È certamente una banalità, ma ineludibile. D’altra parte i luoghi comuni se sono diventati comuni una ragione dovevano ben averla. E non credo che le voci di nicchia e minoranza siano per ciò stesso più attendibili (vere? - pure? - sacre?)
 

 da Rettangoli in cerca di un pi greco – Il primo libro delle quartine, Marco Saya Ed., 2014
 


 Una mappa disimmetrica
 
 Da albe e da tramonti
 prende spazio la vita.
 Al mezzo, la salita
 per scalee di orizzonti.
      All’altro mezzo, i ponti
      di una notte infinita.
 

 
 Un luogo naturale diventa paesaggio quando in esso vi è impresso, s’imprime un intervento umano; quando il suo consistere fermo diventa prospettiva; quando intrattiene e aggrega punti di fuga, molteplici e contraddittori. E lungo questo diventare il luogo naturale si fa storia, etica, misura, sentimento del tempo.
 

 da Rettangoli in cerca di un pi greco – Il secondo libro delle quartine, Marco Saya Ed., 2017
 

 
 La veste
 
 Non vada cinta della veste sciatta
 buona articolazione d’ossi e vene –
 ne segua augusta veste le serene
 corrispondenze per misura esatta.
 

    Credo che questa sia una ‘dichiarazione di poetica’.
 

 da Rettangoli in cerca di un pi greco – Il terzo libro delle quartine, Marco Saya Ed., 2020
 

Nota biografica

Anna Maria De Pietro (Napoli, 1946  – Milano, 2020) è nata Napoli, dove ha vissuto fino all’adolescenza, da padre napoletano e madre lombarda. Si è poi trasferita a Milano.  Ha pubblicato Il nodo nell’inventario (Dominioni Ed., 1997), La madrevite (Manni, 2000), Dubbi a Flora (La Copia, 2000), Venti fusioni a cera persa (Manni, 2002), la raccolta in napoletano Si vuo’ ‘o ciardino (Book Ed., 2005), Magdeburgo in Ratisbona (Milanocosa Ed., 2012), e, presso Marco Saya Ed., Rettangoli in cerca di un pi greco – Il Primo Libro delle Quartine (2015), Rettangoli in cerca di un pi greco. Il Secondo Libro delle Quartine (2017) e Rettangoli in cerca di un pi greco – Il terzo libro delle quartine (2020). Ha tradotto testi di Pierre de Ronsard, alcuni dei quali pubblicati sulla rivista Traduzionetradizione n. 7, 2012.

9 pensieri su “ANNAMARIA DE PIETRO Il filo d’Arianna della Poesia

  1. Mauro Ferrari

    Caro Luigi, mi fa piacere che ci sia tanta attenzione verso Annamaria, figura troppo poco nota, che ho avuto la fortuna di conoscere poco prima del suo debutto, quel Nodo nell’inventario che è un libro eccezionale per la capacità di farci capire che la poesia è un atto intellettuale, un tentativo di dar voce e di comprendere il mondo tramite il linguaggio. Nè la sua è una poesia solo intellettuale, una pura manipolazione di suoni e senso: è poesia vera, intrisa di vita, tra la più alta degli ultimi decenni. E purtroppo, ripeto, poco nota. Anche la nostra rivista online,, http://www.almanaccopunto.com, le ha dedicato uno spazio, in attesa di un lavoro critico che dovrà essere fatto con perizia e amore.
    Complimenti anche per la scelta dei testi.
    Mauro Ferrari

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  2. Laura Cantelmo

    Grazie, Gigi. questo ricordo della nostra Annamaria, si pone , insieme ad altri, come quello di Adam Vaccaro per Milanocosa e l’intervista di Ennio Abate per Poliscritture, nell’ambito delle riflessioni che ogni tanto ci siamo trovati a fare anche noi, verbalmente, sulla sua non facile poesia, che può apparire forse un po’ fredda, molto vincolata alla forma, ma che abbiamo imparato a leggere come un diario cifrato, da cui emergono la sua personalità schiva, ma affettuosa, la sua fine ironia e la profonda cultura, la sua libertà di pensiero. Ho trovato appropriata l’immagine del labirinto perché tortuosa è la strada per individuare l’identità di una donna che scriveva senza ambire a riconoscimenti, ma per passione dell’indagine su se stessa e sul mondo, di cui cercava un impossibile pi greco, un filo di Arianna che la portasse a decifrare l’insondabile mistero.
    Insieme a Marcello, lei resta per noi indimenticabile .

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    1. cannillo

      Grazie, Laura. Per noi che abbiamo non solo letto ma anche frequentato Annamaria, la sua poesia e la sua persona sono connesse e inscindibili. E alla memoria, alla salvaguardia dei suoi testi si intreccia la nostalgia per la sua persona, per l’amica, insieme a quella per Marcello.

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